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Il quarto Yama: Brahmacarya
Scritto da Elena Cassinelli il 04 Settembre 2019
Negli Yogasutra di Patanjali, Brahmacarya (o Brahmacharya) è il quarto degli Yamas, o regole etiche.
Letteralmente significa “vivere in Dio“, anche se spesso viene tradotto come il controllo degli impulsi sessuali.
Sentire il Divino in ogni momento della nostra vita
La parola Brahmacharya deriva dalla parola sanscrita Brahman, che rappresenta la realtà l’ultima e la forza divina creatrice dell’universo. Quando attribuiamo al quarto yama il significato di “vivere in Dio”, significa cercare di sentire la presenza divina in ogni azione e momento della giornata. Così ogni atto quotidiano diventa un’espressione del divino, un atto sacro che dà nuovo significato e valenza alla nostra vita.
Brahmacarya e la castità
Come accennato precedentemente, Brahmacharya è spesso associato all’astinenza sessuale. Questo perché, nell’India tradizionale, il brahmacarya rappresenta quella fase dell’esistenza che corrisponde all’apprendistato.
Il discepolo vive in castità fino a quando rimane nella scuola del Maestro, e la sua vita sessuale comincerà solo da adulto, con l’assunzione del ruolo di capofamiglia.
Per gli asceti, il Brahmacarya rimane associato al significato di castità. Siccome nel cammino spirituale ogni energia dev’essere devota alla ricerca della Verità, l’asceta si astiene da ogni rapporto sessuale per non dissipare le sue energie all’esterno.
Brahmacarya nell’epoca moderna
Per un praticante laico che vive nel mondo moderno, il rispetto del Brahmacarya assume due significati principali.
Il primo è il controllo degli organi di riproduzione, che si traduce nella conduzione di una vita sessuale corretta verso il proprio partner e controllata nei confronti delle altre persone. tale rispetto si traduce nel non consumare rapporti sessuali al di fuori della coppia, per non creare sofferenze negli altri appagando un desiderio personale. Un tale comportamento non è comunque ammissibile in quanto sarebbe contrario al primo yama, ovvero ahimsa (la non violenza).
Brahmacarya e la conduzione di una vita priva di eccessi
Il secondo significato di Brahmacarya è, invece, il più generale controllo degli organi di senso. Il quarto yama ci insegna quindi a non essere schiavi dei nostri sensi, ma a esercitare un sano controllo su di essi. Questo punto è particolarmente importante se pensiamo alla società consumista nella quale viviamo: i nostri sensi sono sempre e costantemente bombardati di immagini e stimoli. Stimoli che, se non gestisti, ci inducono ad un consumo smisurato di beni e risorse. Il consumo irresponsabile (cibo, beni, risorse, ma anche le nostre energie) è sintomo di un vuoto spirituale o emotivo che cerchiamo di colmare.
Al consumo eccessivo e compulsivo non corrisponderà mai un senso di appagamento permanente, essendo che colmiamo il nostro vuoto con beni effimeri; al contrario seguirà un sentimento di frustrazione e inadeguatezza.
La ricerca ossessiva di beni materiali porta squilibrio anche sul piano delle aspettative: quando vorremmo, ma non possiamo soddisfare questi bisogno indotti, ci sentiamo falliti, esclusi.
Il Brahmacarya ci invita quindi a consumare in modo consapevole, a evitare gli eccessi in tutti i campi della nostra vita, alla ricerca dell’equilibrio.
Il consumo consapevole avviene anche a livello energetico: dobbiamo imparare a conservare,proteggere la nostra energia, dedicando tempo quotidiano alla pratica dello Yoga, della meditazione, o di altri riti spirituali che ci connettono con l’energia divina e ci permettono di evolvere.
Inoltre bisogna imparare a usare la nostra energia in modo appropriato. Ovvero non dissiparla in azioni o pensieri inutili o addirittura dannosi per noi o per gli altri, ma usarla per delle cause sublimi e per il bene comune.
Namasté.
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(Image via https://www.loveyourbrain.com)