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Vibhuti Pada: gli ultimi 3 passi dello Yoga di Patanjali

Scritto da Elena Cassinelli il 03 Dicembre 2020

Mentre il secondo capitolo degli Yoga Sutra, sadhana pada, descrive i primi cinque anga dello yoga di Patanjali, il terzo capitolo, vibhuti pada, illustra gli ultimi tre: dharana, dhyana e samadi.

Se il sadhana pada descrive lo yoga dell’azione sviluppando i mezzi esterni dello yoga stesso, vibhuti pada illustra i mezzi interni. Appare chiaro che gli anga di Patanjali ci conducono in un viaggio che dal grossolano al sottile, dall’evidente e visibile all’intangibile.

Dharana, la concentrazione

“La concetrazione (dharana) consiste nel fissare la coscienza in un punto.”

Così Patanjali definisce dharana nel primo verso del III capitolo degli Yoga Sutra. Dharana significa legale la coscienza a un punto o a un luogo particolare grazie alla sua capacità di trasformarsi, ossia di assumere le forme e le caratteristiche dell’oggetto che contempla.

Una volta che i nostri sensi sono domati con la pratica del pratyahara, il corpo è forte, il respiro stabile, si può cominciare il viaggio interiore che conduce alla cessazione delle fluttuazioni della mente. Il primo passo è, quindi, quello di concentrare tutta la nostra consapevolezza su un oggetto, osservando i nostri pensieri, senza però farci distrarre.

Ci si può concentrare su luoghi od oggetti sia interni, che esterni.

Dhyana, la meditazione

La meditazione è la capacità, una volta trovata dharana, di mantenere l’attenzione sul punto prescelto. Ciò che contraddistingue dhyana dalla concentrazione è la durata, ovvero la capacità di mantenere l’attenzione legata a un particolare oggetto. Questa capacità si sviluppa con la pratica e l’esperienza: un po’ alla volta lo yogin impararerà a prolungare lo stato di concentrazione.

Per questo motivo è importante praticare la concentrazione/meditazione ogni giorno, anche solo per 10 minuti.

Samadhi

Durante l’ultimo stadio l’oggetto contemplato prende possesso della totalità della coscienza, escludendo ogni altra cosa, come la consapevolezza della percezione.

In sostanza, mentre in dhyana si avverte ancora una differenza tra l’oggetto della contemplazione e l’osservatore, durante il samadhi questa distinzione si annulla.

 

Si può facilmente intuire che gli ultimi 3 anga sono molto complessi da descrivere a parole, essendo strettamente legati all’esperienza personale ed essendo anche facilmente descrivibili attraverso il processo esclusivo (ad esempio, la meditazione non è dormire, ecc).

Namastè.

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Image via www.studioyogapsicologia.com