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Asana: perchè si praticano nello Yoga

Scritto da Elena Cassinelli il 28 Aprile 2020

“La scienza dello Yoga è come l’arte della musica. Il nostro corpo ha un ritmo che si mantiene solo prestando attenzione a ogni passo e nella progressione degli asana. La pratica dello Yoga deve avere un ritmo fisico, organico, psicologico e spirituale. Se non c’è armonia e melodia, non c’è musica che vale la pena ascoltare. Il corpo è uno strumento molto sensibile e ricettivo alle vibrazioni che, così come si verifica con il suono, esprimono armonia e dissonanza. Queste vibrazioni devono sincronizzarsi con il movimento, ovvero gli asana.”

BKS Iyengar (traduzione mia dal portoghese).

Gli asana

Il terzo principio, o petalo o passo, dello Yoga di Patanjali sono gli asana o posizioni fisiche. Oggi gli asana hanno monopolizzato le pratiche di Yoga, che sovente vengono vissute come attività fisica.

Si ricorda, tuttavia, che gli asana praticati nello yoga antico (4000/5000 anni fa) erano esclusivamente le posizioni utilizzate per la meditazione. Tuttavia, con il cambiamento dello stile di vita della società indiana e con l’esportazione della pratica nel mondo occidentale, gli asana hanno cominciato a rivestire un ruolo primario.

Questo perché il fine ultimo dello Yoga è il samadhi, quello stato di coscienza in cui cade il velo di Maya (illusione), la realtà duale cessa di esistere e colui che medita si unisce con la coscienza Universale. Lo scopo dello Yoga è quindi la meditazione.  Ciò significa anche passare molte ore seduti a meditare. È ovvio che per meditare per ore intere nella posizione del loto senza sentire dolori in  ogni parte del corpo, quest’ultimo necessita di una preparazione. Qui entrano in gioco gli asana, che servono proprio a preparare il corpo (rendendolo forte, flessibile) alla meditazione prolungata.

Gli asana non servono solo a rendere il corpo in grado di sopportare lunghe ore di meditazione, ma servono – insieme ad altre tecniche – anche a purificarlo.

Inoltre è significativo che, nella visione olistica della persona, mente e corpo sono strettamente connessi. Si lavora il corpo con la pratica degli asana, non per diventare bravi nella loro esecuzione, ma per accedere a livelli più profondi della nostra mente. La connessione tra mente e corpo diventa ancora più evidente a livello grossolano: a un corpo sano, forte e stabile, corrisponde una mente ferma e lucida.

Non possiamo considerare gli asana come dei meri esercizi fisici. La loro esecuzione permette di risvegliare parti del corpo assopite al quale corrispondono parti della nostra mente subconscia ed inconscia anch’esse addormentate. Con la pratica iniziamo un viaggio all’interno di noi stessi, entriamo in contatto con il nostro Sé interiore, liberandoci dai condizionamenti e preconcetti.

I livelli di consapevolezza negli asana

Spesso, quando iniziamo a praticare gli asana, la nostra mente e il nostro corpo non sono sensibili alle energie più sottili.

Inizialmente si imparano gli asana a livello anatomico, questo livello è definito “arambhavastha“. Durante questa fase si impara a eseguire i movimenti in maniera corretta. Nel secondo livello, “ghatavastha“, la mente è già influenzata dal corpo: acquisendo stabilità e sicurezza nella posizione, l’attenzione e la consapevolezza devono essere spostate a tutte le parti del nostro corpo. Successivamente, in “parichayavastha“, la conoscenza si fa più intima e il corpo entra in contatto con l’intelligenza. In questa fase la mente cessa di essere un’entità separata dal corpo: intelligenza e corpo si fondono, diventando una cosa sola. Infine vi è “nishpattyavastha” che è lo stato della perfezione. L’Atman o anima si manifesta: il corpo si libera, integrandosi nell’anima. Corpo, mente e anima si fondono, raggiungendo lo stato di Yoga o di unione.

Namastè.

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